Donne ed osteoporosi: come curare questa patologia
L’osteoporosi è un’ trasformazione degenerativa delle ossa, contrassegnata dalla riduzione della quantità del tessuto osseo. Essa dipende da una insufficiente produzione di proteine ossee a causa di una diminuzione dell’attività osteoblastica e per il ridotto assorbimento di calcio da parte dell’organismo. L’osteoporosi può essere generata da diversi fattori; malattie, disturbi ormonali, assunzione costante di alcuni farmaci, carenze alimentari ed anche fattori ereditari, quindi genetici.
L’anzianità è la prima causa
Ovviamente anche la senilità è una delle cause che generano l’osteoporosi, già a partire dai 40- 50 anni che l’osteoporosi inizia a manifestarsi attraverso una rarefazione ossea. Le donne sono soggette maggiormente all’osteoporosi, o comunque ne vengono colpite in tempi più precoci rispetto agli uomini, a causa degli sbalzi ormonali che le colpiscono in seguito alla menopausa. Questa patologia ossea si palesa attraverso sintomi solo quando è sufficientemente grave da provocare delle microfratture o lo schiacciamento delle strutture vertebrali, con manifestazione di sofferenza alla colonna vertebrale.
Nelle persone anziane, specialmente di sesso femminile, la rottura del collo del femore può essere determinata facilmente da una banale caduta o dall’ elevazione di un peso. La prognosi si serve di ricerche radiografiche, della mineralografia ossea computerizzata (MOC), dell’ esame di metaboliti ossei nel sangue e nelle urine (test di Nordin) e più di ogni altra cosa, dall’anamnesi clinica del paziente.
I rimedi: non solo il calcio
La cura si basa sulla assunzione di calcio che in certi soggetti è capace di rendere più lento il processo dell’osteoporosi, ma non di guarirlo. Ulteriori medicinali utilizzati sono gli estrogeni nelle donne in menopausa, anche questi hanno solo esiti di precauzione più che di cura della patologia. Sono utilizzati anche gli androgeni, la calcitonina, i fluoruri.
Di recente sono stati introdotti nella terapia per l’osteoporosi una nuova categoria di farmaci, i bifosfonati, simili al pirofosfato, contraddistinti dal legame P-C-P, considerevolmente stabile e inalterabile alla degradazione chimica; la loro condotta consta nella inibizione sia del riassorbimento sia del turn over osseo grazie all’interazione fisico-chimica con l’idrossiapatite e le variazioni morfologiche, biochimiche e metaboliche degli osteoclasti, cioè le unità biologiche che declassano il tessuto osseo. Molto rilevante, come coadiuvante di sostegno alla cura farmacologica, sono un’adeguata attività fisica e un’alimentazione bilanciata.
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