L’elettrobisturi, una delle nuove frontiere della chirurgia
Anche in campo medico le nuove tecnologie stanno rivoluzionando la pratica quotidiana, come nel caso della chirurgia, dove accanto agli strumenti tradizionali trovano sempre più spazio e utilizzo anche apparecchi elettromedicali di ultima generazione come gli elettrobisturi.
Stiamo vivendo nell’epoca della rivoluzione tecnologica, con le macchine e gli apparecchi che ormai trovano applicazione in quasi ogni campo della nostra esistenza, anche in settori altamente specializzati come la medicina. Proprio in ambito chirurgico si sta facendo sempre più strada l’impiego di nuove tecniche e strumenti, che non solo semplificano le procedure per gli operatori, ma si rivelano anche più sicure per i pazienti.
Un nuovo strumento. Anche in ambito ospedaliero sono sempre più numerosi i professionisti che si affidano, ad esempio, agli elettrobisturi, strumenti ormai di routine in ogni sala operatoria grazie alle loro proprietà e facilità di impiego in interventi chirurgici di varia natura. L’elettrobisturi sfrutta il riscaldamento prodotto dal passaggio di corrente a radiofrequenza, consentendo in questo modo al chirurgo di ottenere procedure di taglio e coagulo nei tessuti biologici.
I vantaggi degli elettrobisturi. Uno dei principali vantaggi offerti da questo apparecchio è la possibilità di tagliare e coagulare tessuto allo stesso tempo, consentendo di ridurre drasticamente la mortalità e altre complicazioni in diversi settori della chirurgia.
Come è fatto l’elettrobisturi. In genere, lo strumento tipico è composto di tre parti: un generatore di corrente, dal quale parte il cavo elettrico; la lama che ospita l’elettrodo attivo e, infine, la parte sulla quale è situato l’elettrodo neutro. La corrente viene prodotta dal generatore, raggiunge l’elettrodo attivo per sezionare il tessuto corporeo del paziente e arriva alla fine del circuito, rappresentato dall’elettrodo neutro, che ha la funzione di raccoglierla e conseguentemente chiudere il circuito di corrente.
Tagliare e coagulare. Sono invece due, come accennato, le funzioni principali dell’elettrobisturi, ovvero coagulazione e taglio. Nel primo caso, l’elettrodo attivo riscalda il tessuto corporeo, arrestando lo scorrimento di sangue dai piccoli vasi; attivando il passaggio della corrente attraverso i tessuti, invece, il medico può effettuare sezioni sul corpo del paziente senza fare pressione con le mani.
La rivoluzione tecnica. Dal punto di vista tecnico, l’attivazione dell’elettrobisturi avviene tramite l’utilizzo di pedali o attraverso pulsanti posizionati direttamente sullo strumento, di facile e immediata comprensione. Importante è sapere che il generatore di corrente a radiofrequenza produce correnti di frequenza compresa tra i 300 kHz e i 5 Mhz: non si impiegano correnti inferiori ai 300 kHz per evitare la stimolazione di nervi e muscoli, mentre invece quelle superiori potrebbero causare problemi legati alle correnti di dispersione ad alta frequenza.
Ricerca continua. L’elettrobisturi è il punto di arrivo (attuale) del progresso in ambito medico apportato dall’elettrochirurgia, che sin dai primi decenni del Novecento ha portato enormi benefici nelle procedure chirurgiche, consentendo agli specialisti di eseguire operazione che prima erano impensabili, in modo speciale in ambiti come la neurologia, dove anche il minino sanguinamento può comportare danni irreparabili. Oggi, grazie al progresso tecnologico (sia elettronico che meccanico) da un lato, e all’aumento delle conoscenze sul funzionamento del corpo umano, i miglioramenti ottenuti da questi dispositivi sono più che evidenti, e gli elettrobisturi possono vantare una grande efficacia, possibilità di intervento e di effetti diversi sui tessuti corporei e, soprattutto, una diminuzione di effetti collaterali e danni procurati nel corso delle operazioni. In particolare, si stanno sperimentando diverse soluzioni per cercare di minimizzare il rischio di produrre problemi di natura termica ai tessuti circostanti, derivante dall’accumulo eccessivo di calore sullo strumento.
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