Test intolleranze alimentari, come si fa
Le intolleranze alimentari colpiscono tantissime persone, ogni anno. Ma che cosa sono, e come si effettuano i test sulle intolleranze alimentari? Oggi ve lo spiegheremo noi.
Le intolleranze alimentari
Le intolleranze alimentari sono molto più comuni di quello che pensiamo. Ne soffrono infatti circa il 3% degli italiani. Ma cosa significa avere un’intolleranza alimentare?
Solitamente le intolleranze sono reazioni che dipendono fortemente dalla dose, quindi l’intensità di un’intolleranza è data anche dalla quantità di alimento introdotto.
Quando si è intolleranti a qualche alimento significa che una data sostanza non è tollerata dall’organismo e che i sintomi compaiono con un certo ritardo dall’assunzione di questo. Per questo motivo è difficile, almeno all’inizio, individuare l’origine dell’intolleranza.
Intolleranze e allergie
Come dicevamo, si tratta di due disturbi molto diversi, ed è importante non confonderle le une con le altre. Le allergie hanno una reazione immediata dell’organismo. Infatti, il sistema immunitario si scatena immediatamente contro un dato alimento. I sintomi delle allergie sono: gonfiore, prurito alle labbra e alla lingua, orticaria e nei casi più gravi shock anafilattico e svenimento. Nella reazione allergica il corpo produce anticorpi contro una sostanza che riconosce come patogena.
Le intolleranze invece non scatenano una reazione immediata. La loro comparsa è data dalla difficoltà del nostro organismo di assimiliare alcuni componenti di un determinato alimento.
I sintomi delle intolleranze alimentari
I sintomi più comuni di un’intolleranza alimentare sono dolori gastro-intestinali, gonfiore, senso di pesantezza, affaticamento, diarrea o vomito. Nei casi più gravi può essere presente anche il sangue nelle feci. Tutti questi sintomi intestinali si manifestano dopo aver mangiato alimenti anche molto comuni.
I sintomi sono praticamente gli stessi per qualunque genere di intolleranza alimentare. Non fa differenza quale sia il cibo a cui siamo allergici.
Quali sono gli alimenti più comuni
Tra gli alimenti che più frequentemente causano intolleranze, troviamo il grano, che è contenuto in pane e vari prodotti da forno, come pizza, corn flakes, birra e impanature utilizzate per fritture, e poi latte e derivati, lieviti, come quello utilizzato per preparare il pane, la pizza, le brioches e alcuni formaggi fermentati, e poi ancora uova, e quindi di conseguenza maionese, pasta all’uovo, torte, gelati e budini, e poi frutta secca e soia.
I test per le intolleranze alimentari
I test più comuni, effettuati per capire quali sono le intolleranze alimentari di un individuo, sono il Prick Test, il RST, il Prist, il Pach Test e il test di Scatenamento. Solitamente questi test si fanno per escludere un’allergia, più grave rispetto all’intolleranza, perché stimola una risposta immunitaria al cibo. Questi test devono essere eseguiti in ambulatorio, perché un medico deve eseguire contemporaneamente spirometria, visita medica e altri esami.
Esistono poi altri test, ma non sono riconosciuti dal sistema sanitario nazionale. Questi sono l’Alcal Test, che prevede un prelievo di sangue, dal quale misura la variazione del volume dei granulociti neutrofili, a contatto con gli alimenti sospettati di intolleranza.
Il DRIA test è invece basato sulla riduzione della forza muscolare. Infatti, si viene collegati ad un computer per misurare la caduta di forza della contrazione del quadricipite femorale, quando si mette una sostanza sospetta a contatto con la mucosa nasale o sublinguale.
Il Vega test non prevede il prelievo del sangue, ma il paziente tiene in mano un elettrodo. In questo modo si può rilevare l’energia e il circuito paziente strumento, che viene chiuso da un puntale metallico attaccato ad un dito della mano.
Questi test sono pensati per individuare un’intolleranza ad un gruppo alimentare, al quale solitamente apppartengono anche fino a un centinaio di cibi.
Il costo dipende dalla tipologia di test e dalla struttura che lo effettua.
Rimedi
Solitamente, i rimedi si basano sull’eliminazione per almeno due settimane di un cibo dalla propria dieta. La sua scomparsa dovrà corrispondere anche ad una scomparsa dei fastidi. Una volta trascorso questo periodo, seguirà una graduale reintroduzione dei cibi. Nell’arco di un mese dovrebbe essere possibile stabilire quale sia la propria soglia di tolleranza, nei confronti di un determinato alimento.
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