Microcitemia, valori e sintomi
La microcitemia, nota anche erroneamente come talassemia o anemia mediterranea (di cui invece è solo una potenziale espressione), è una patologia ereditaria che colpisce in età infantile con un’incidenza alla nascita pari al 3-7 per cento. Nel mondo i soggetti affetti da questa malattia sono circa 90 milioni, si tratta – in percentuale – dell’1,5 per cento della popolazione mondiale. In Italia ci sono regioni che presentano un’incidenza di malati molto elevata. Le zone del Belpaese particolarmente colpite da questa problematica sono tre: Sicilia, Sardegna e Delta Padano.
Microcitemia, di cosa parliamo
La microcitemia è una patologia del sangue di carattere ereditario. Si tratta di un’alterazione talassemica tipica di un portatore sano. Nel caso in cui questo soggetto procrei con un altro soggetto affetto dalla stessa alterazione rischia di generare figli affetti da anemia mediterranea. Qual è il significato reale di questi termini? Per anemia mediterranea, patologia che colpisce soprattutto le aree del mondo che si affacciano sul Bacino Mediterraneo (con le dovute eccezioni), si intende quella patologia caratterizzata dalla difficoltà del midollo osseo dei pazienti di generare globuli rossi di grandezza normale. Sono tutti di dimensioni ridotte, cose che lega a doppio filo la sopravvivenza del malato alle trasfusioni di sangue. Già dai primi mesi di vita, verso i 3-5 mesi, si hanno le prime manifestazioni di questa patologia.
Come si effettuala diagnosi della malattia
Per effettuare una diagnosi di microcitemia – che andrebbe rilevata prima della procreazione – la procedura è semplice e si basa su semplici analisi del sangue. In particolare, è opportuno effettuare un emocromo per rilevare i valori del sangue. A questo vanno necessariamente affiancate particolari analisi delle diverse frazioni dell’emoglobina e un dosaggio di ferritina, sideremia e capacità ferro-legante dell’emoglobina. Infine, un’ulteriore analisi da effettuare è l’esame della forma dei globuli rossi e della loro resistenza osmotica. I risultati incrociati di queste analisi consentiranno al medico di elaborare una corretta diagnosi. Da qui, infatti, è possibile partire, non solo per valutare l’efficienza del lavoro svolto dall’emoglobina, ma anche la presenza di eventuali alterazioni genetiche della sintesi delle catene globiniche.
Quali cure esistono?
La microcitemia, una volta rilevata, non può essere curata seguendo una specifica terapia. È possibile, invece, intervenire sui suoi principali sintomi, molto simili a quelli di tutte le anemie. Pallore, stanchezza, debolezza possono essere contrastate facendo ricorso a somministrazioni di acido folico (utile per trattenere le riserve di ferro nel sangue) e con l’assunzione di ferro. Il soggetto affetto da microcitemia, infatti, è una persona sana in apparenza ma deve prestare attenzione ai segnali che il corpo lancia perché dietro questa apparente salute possono nascondersi problemi e complicazioni che interessano anche gli organi interni. Le persone affette da microcitemia, infatti, possono soffrire di calcoli biliari che ostacolano il passaggio della bile dalla cistifellea al dotto escretore duodenale. Anche la milza può ingrossarsi e, nei casi peggiori, deve essere rimossa. In questo caso, però, solo un’ecografia potrà rivelare il reale stato di salute dell’organo.
Le percentuali di rischio
Come detto, la microcitemia è una malattia genetica. Viene trasmessa, senza salti generazionali dai genitori ai figli. Ma quante sono le probabilità di generare un figlio con la patologia? Molto fa lo stato di salite di entrambi i genitori. Se uno su due è affetto da questa problematica, infatti, il rischio è pari al 50 per cento, un figlio su due. Se la patologia è propria di tutti e due i genitori, invece, le probabilità aumentano. In questo caso, infatti, il 50 per cento dei figli saranno affetti da microcitemia, il 25 per cento sarà sano e l’altro 25 per cento sarà affetto da anemia mediterranea.
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