Fuoco di Sant’Antonio: cos’è l’herpes zoster
Il Fuoco di Sant’Antonio, chiamato anche herpes zoster, rappresenta la seconda eruzione del virus della varicella e, di conseguenza, è possibile affermare che non possibile essere colpiti da questa malattia se non si ha già avuto la varicella in passato. Anche i giovani possono essere attaccati da questo disturbo e si tratta di una malattia piuttosto comune, considerato il fatto che colpisce almeno un quarto della popolazione americana una volta nella vita.
Il Fuoco di Sant’Antonio intacca soprattutto gli adulti con oltre 60 anni, ma anche bambini con meno di 10 anni.
I soggetti con problemi nei confronti del sistema immunitario dovuti all’impiego di medicinali immunosoppressori, con tumori o infezioni da HIV, corrono maggiori rischi rispetto ad altre persone, con possibili ricadute. I bambini le cui madri hanno avuto le varicella durante le ultime settimane di gestazione o nella prima infanzia, avranno maggiori possibilità di essere intaccati da questa malattia nell’età pediatrica.
Fuoco di Sant’Antonio: quali sono le cause?
Secondo gli scienziati, il virus responsabile della nascita della varicella e del Fuoco di Sant’Antonio si chiama varicella-zoster o VSV. Analizzando la parola varicella dal punto di vista letterale, possiamo dire che deriva dal latino variola, ovvero vaiolo, una malattia infettiva molto contagiosa che può somigliare alla varicella, ma che purtroppo causa la morte delle persone.
Il VSV appartiene al gruppo dell’herpesvirus e può annidarsi nel nostro sistema nervoso dopo una prima infezione, provocandone così una seconda.
Dopo essere entrati in contatto per la prima volta con il VSV, alcune piccole parti di questo virus passano attraverso il sangue agli agglomerati di cellule nervose, dove rimangono per numerosi anni in forma latente. Nel caso in cui questo virus dovesse riattivarsi, ci sarà una diffusione nei confronti delle fibre di prolungamento nervoso fino a raggiungere la pelle. Infatti, questo virus compare tramite eruzione cutanea.
Fuoco di Sant’Antonio: la sintomatologia più frequente
I sintomi più importanti del Fuoco di Sant’Antonio a cui dobbiamo prestare attenzione sono formicolii, bruciori e pruriti, spesso localizzati in zone precise del corpo. Dopo pochi giorni, o al massimo una settimana, in quella determinata zona dovrebbe comparire una sorta di eritema caratterizzato da pustole ripiene di liquido, molto simili a quelle tipiche della varicella.
Il dolore di questa malattia può essere lieve oppure intenso e tutto varia da persona a persona: alcune accusano prurito, altre dolore da sfioramento.
Solitamente, la parte del corpo preferita da questo virus è il fianco, ma può intaccare anche una parte del viso, la fronte e la zona intorno agli occhi. Fortunatamente, analizzando un cospicuo numero di soggetti sani, è stato possibile appurare come le lesioni generate da questo disturbo guariscano nell’arco di poche settimane, con conseguente diminuzione di prurito e dolore, senza cicatrici in merito alle pustole; tuttavia, ci sono purtroppo casi in cui persone manifestano dolori sensoriali per diversi mesi.
Herpes zoster: come si trasmette e quali sono le cure?
Il Fuoco di Sant’Antonio è una malattia contagiosa, soprattutto nel caso in cui non siano state fatte le dovute vaccinazioni e nel caso in cui un bambino non abbia mai avuto la varicella. Per essere colpiti dal Fuoco di Sant’Antonio bisognerà entrare in contatto diretto con l’eritema, altrimenti si verrà contagiati dalla varicella. Questo virus non intacca i polmoni e, di conseguenza, non può essere trasmesso per via aerea.
Per il gran numero di persone sane che decidono di iniziare una terapia con la comparsa dell’eritema, sarà possibile regredire il dolore nell’arco di 3-5 settimane e le vesciche non lasceranno cicatrici.
Le condizioni diventano più critiche in caso di soggetti malati ed è possibile utilizzare determinati tipi di farmaci antivirali per ridurre la durata e la gravità del fenomeno, quali aciclovir, valaciclovir o famciclovir. Il primo fra questi è reso disponibile come farmaco generico e dovrebbe essere assunto almeno 5 volte al giorno; gli altri due, almeno 3 volte al giorno.
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