Pertosse, sintomi, terapia e vaccino
La pertosse è una malattia infettiva, nota anche come tosse dei 100 giorni perché caratterizzata da una durata molto lunga che può anche superare le dieci settimane consecutive. È una patologia altamente contagiosa e in alcuni casi dà vita a complicazioni molto gravi. Il periodo di incubazione, cioè tra la contrazione dell’infezione e la manifestazione dei primi sintomi, può variare tra la settimana e i dieci giorni.
Pertosse, la scheda dell’Istituto Superiore della Sanità
L’ISS, Istituto superiore della Sanità italiano, indica la pertosse come patologia di origine batterica, generata dal batterio Bordetella pertussis, molto contagiosa. La differenza con la parapertosse è nel batterio che dà origine alla malattia, in questo caso il Bordetella parapertussis, che pur appartenendo alla stessa famiglia presente caratteristiche diverse che generano sintomi di entità meno grave.
Rientra tra le patologie che colpiscono soprattutto i bambini al di sotto dei cinque anni e che, grazie al vaccino, hanno visto una forte riduzione dei casi più gravi. Può accadere, è bene specificarlo, che un bambino vaccinato contragga la malattia ma in questo caso i sintomi si manifesteranno in maniera molto più blanda e quindi rischiosa per la vita. C’è da dire che il 90 per cento dei casi gravi di questa patologia si registra nei Paesi dove il vaccino non è presente ed è accompagnata, purtroppo, da un elevato tasso di mortalità infantile.
Come si trasmette il batterio della pertosse
È l’uomo l’unico soggetto che si fa portatore di questo batterio. È quindi l’unico responsabile della trasmissione, molto rapida e facile soprattutto nella fase iniziale quella detta catarrale. Molte malattie infantili consentono al soggetto che le ha contratte di beneficiare di una immunità definitiva, non è così per la pertosse che invece vede questa immunità scemare nel corso degli anni successivi al periodo della malattia. Questa malattia può colpire anche i neonati di madre immune perché gli anticorpi materni non rappresentano una valida barriere contro questo batterio.
Per questa ragione i medici consigliano alle future mamme di vaccinarsi nel corso del terzo trimestre della gravidanza. In questo modo si cambia il rapporto tra pertosse e gravidanza. In che modo? Il vaccino agisce sulla mamma e così gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario materno riescono a passare attraverso la placenta e proteggere il bambino dal contagio nel corso dei primi sei mesi di vita. In Italia e negli altri Paesi in cui è previsto il vaccino infantile si sta registrando un ritorno di questa malattia a causa, propri, della perdita progressiva dell’immunità perché nei primi anni non erano previste dosi di richiamo, contrariamente a quanto accade oggi. Le vie respiratorie sono quelle che subiscono l’attacco del batterio della pertosse, è qui che vengono a crearsi delle infezioni potenzialmente pericolose. Più il paziente è piccolo più rischiose sono le conseguenze di questa malattia.
Sintomi e diagnosi
La pertosse si manifesta, in fase iniziale, come un normale raffreddore. In alcuni casi i sintomi possono anche non essere percepiti sin dall’inizio. Leggera tosse, muco, un po’ di febbre (fase catarrale). In apparenza nulla di preoccupante. Con il passar del tempo, però, la situazione tende ad aggravarsi. Dopo un paio di settimane la tosse diventa parossistica e aumentano le difficoltà respiratorie (fase convulsiva o parossistica).
I parossismi possono portare a vomito, apnea o cianosi. Questa seconda fase, se non curata a dovere, può protrarsi per un paio di mesi. È importante una diagnosi precoce proprio per avviare una terapia adeguata – a base di antibiotici che ne abbassano anche la possibilità di contagio – che debelli il batterio, liberando le vie respiratorie dalle infezioni e dalle possibili sovrainfezioni batteriche. Sono proprio queste ultime ad aumentare i fattori di rischio nei bambini più piccoli perché si fanno promotrici di altre patologie, dall’otite alla polmonite e nei casi peggiori affezioni neurologiche. La tosse, particolarmente violenta, può generare anche emorragie sottocongiuntivali e nel naso.
Come si cura la pertosse
Per guarire da questa malattia vengono, in genere, prescritti antibiotici. A seconda del momento e della fase della patologia cambia il tempo di guarigione, oltre al rischio di contagio. Se si interviene sulla fase catarrale i tempi di guarigione sono ridotti, come il periodo in cui si rischia di contagiare gli altri.
La trasmissione del batterio avviene per via aerea, attraverso gocce di saliva. Oltre all’antibiotiche, che interviene per debellare il batterio, vengono spesso prescritti medicinali capaci di intervenire sui sintomi della pertosse, alleviando i fastidi del malato. In particolare, si prescrivono sedativi, antispasmodici e, come facile immaginare, antitussivi.
L’importanza della vaccinazione
Nei Paesi occidentali questa patologia difficilmente si accompagna a un’elevata mortalità infantile, anche se l’attuale deriva antivaccinista sta rischiando di compromettere l’immunità di gregge costruita in tanti anni. Il vaccino tutela la vita dei bambini ed è previsto dal calendario vaccinale nazionale, è gratuito, non obbligatorio ma fortemente raccomandato per la salute del bambino e di tutti gli altri.
Si base su batteri interi che vengono inattivati dal calore e viene, in genere, fatto insieme a quello antitetanico e a quello antidifterico. Viene somministrato nei bambini con più di otto settimane di vita e sono previsti diversi richiami. Tra la prima, la seconda e la terza dose passano sei/otto settimane, l’ultima dose, invece, viene fatta verso i due anni. Sono stati messi a punto dei vaccini che non prevedono il ricorso al batterio intero, perché in alcun casi questo vaccino si è dimostrato difficile da tollerare. Queste forme più leggere sono altrettanto efficaci, pur contenendo solo qualche proteina batterica. Si chiama vaccino acellulare e viene utilizzato per i vaccini primari e per i richiami.
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